recensione "la lettera scarlatta" - Hawthorne

TRAMA: fiera e bellissima, Hester Prynne viene portata dalla prigione al palco della gogna, dove subisce la pubblica umiliazione di mostrare a tutti la lettera «A» ricamata in rosso scarlatto sul petto. «A» come adulterio: un marchio di infamia che la ragazza è condannata a portare per sempre. Ha una bambina in braccio, frutto del peccato che ha macchiato la sua reputazione. Ma lo spietato codice morale dell'America puritana è in netto conflitto con una leggere superiore: quella del cuore.

AUTORE: Nathaniel Hawthorne, nato a Salem nel 1804 da una famiglia puritana, studia nel Maine e pubblica il suo primo libro “Fanshawe” nel 1828.Lavora a Boston, vive con la moglie a Concord poi è costretto a tornare a Salem, dove nel 1846 trova un lavoro che gli garantisce abbastanza soldi per una vita tranquilla.
Nel 1850 pubblica il suo capolavoro “la Lettera Scarlatta”  I suoi scritti raccontano e denunciano, in molti casi, le leggi imposte dalla società puritana del 19° secolo. 
Divenne console americano a Liverpool, durante i suoi ultimi anni visitò l’Italia e la Francia.
Muore nel 1824, lasciando alcuni lavori incompiuti.

AMBIENTAZIONE & STRUTTURA: ci troviamo a Boston, nel 17° secolo. L’introduzione ci presenta direttamente dal Parlamento cittadino la società in cui il narratore si trova, alcuni secoli più avanti rispetto a quando si sviluppa la storia. Il narratore troverà in una stanza vuota un pezzo di tessuto a forma di “A”, affiancata da un manoscritto: la storia di Hester Prynne. Sarà questo manoscritto, dal punto di vista nel nuovo narratore, il vero e proprio romanzo.
Il narratore onnisciente e intrusivo, si esprime spesso sui fatti che si ritrova a scoprire in concomitanza con il lettore. Non c’è alcun interesse per il realismo, Hawthorne ci racconta volontariamente di un luogo ai confini fra il reale e il fatato, l’inverosimile, facendoci percepire l’ultraterreno attraverso simboli e credenze.

TEMATICHE:  Hawthorne esplora la visione puritana del peccato e della colpa, scendendo nel profondo delle anime colpevoli, tormentate dalle loro azioni. Visione particolare è quella sulle conseguenze psicologiche di un peccato così importante per l’epoca: isolamento che porta, il disordine tanto emotivo quanto sociale, fino allo sviluppo di una vera e propria ambivalenza del personaggio.

VALUTAZIONE E RECENSIONE: 3,9/5 ★
Il primo capitolo, “La Dogana”, è forse il più grande scoglio del libro. Superate le prime 60 pagine ci si ritrova avvolti in una città coloniale di uno dei periodi più intricati della storia. Lo stile di Hawthorne oscilla fra il prolisso - spesso pesante -, al dettagliato più “motivato” fino a momenti di scorrevolezza assoluta - soprattutto nei dialoghi.
Il mondo che ha di esplorare la psiche dei quattro personaggi principali - Hester, la figlia Pearl, il reverendo Dimmesdale e Roger Chillingworth - è davvero molto particolare, concreto, talmente consapevole e sicuro che persino i nostri pensieri si ritrovano a confluire influenzati dalla mentalità della società in cui vive Hester. 
Non è un libro da 5 stelle secondo me semplicemente per l’essere a volte fin troppo lento. Ovviamente stiamo parlando di un capolavoro, pilastro della letteratura inglese durante l’età vittoriana, ma non dimentichiamoci che in quel periodo nacque anche “Alice nel Paese delle Meraviglie”. Niente di personale, è un bel libro, mi piace molto come è riuscito a sfociare in quello che lui chiama “mondo delle fate” grazie ai comportamenti particolari della piccola Pearl, le accuse di stregoneria e gli inviti a rituali notturni nel mezzo della foresta in onore del Diavolo.
Una parte che purtroppo non ho apprezzato molto è stata la rivelazione dell’uomo che aveva accompagnato la protagonista nel suo peccato. Avrei preferito un po’ di suspense in più, invece mi sono ritrovata con una palessissima ammissione di colpa durante un momento di crisi del personaggio a metà del libro. 
Non lo rileggerei, non in un periodo relativamente vicino, ma resta una storia davvero ben strutturata, scritta con personale maestria, che consiglierei a chi cerca una lettura classica non troppo semplice. CITAZIONE: "Nessuno può, per un periodo che non sia brevissimo, indossare una faccia da mostrare a se stesso e un'altra da mostrare a tutti gli altri, senza alla fine trovarsi nella condizione di non capir epiù quale possa essere la vera"

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